ROBERTO SAVIANO

Roberto Saviano (Napoli, 22 settembre 1979) è uno scrittore e saggista italiano. Nei suoi scritti, articoli e nel suo libro Gomorra (il suo romanzo d’esordio che lo ha portato alla notorietà) utilizza la letteratura e il reportage per raccontare la realtà economica, di territorio e d’impresa della Camorra e della criminalità organizzata in senso più generale.

Dalle prime minacce di morte del 2006 da parte dei cartelli camorristici del clan dei casalesi, denunciati nel suo esposto e nella piazza di Casal di Principe durante una manifestazione per la legalità, è sottoposto a un protocollo di protezione che dal 13 ottobre 2006 ne prevede la scorta. Per le proprie posizioni è stato destinatario di appelli alle istituzioni da parte di scrittori e altri personaggi della cultura.

Nonostante le critiche Roberto Saviano è stato ricevuto dal Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini, che nel mese di maggio 2010 ha assicurato all’autore napoletano la piena collaborazione e vicinanza delle istituzioni alla causa che Gomorra cerca di sostenere, in relazione alla lotta alla criminalità organizzata.

Il successo ottenuto dal libro di Saviano ha creato diversi problemi all’autore: a partire dalle lettere minatorie, le telefonate mute ma anche a una scorta con isolamento ambientale.

Durante una manifestazione per la legalità tenuta il 23 settembre del 2006 a Casal Di Principe, lo scrittore denunciò in piazza gli affari dei capi del clan dei Casalesi, Francesco Bidognetti, Francesco Schiavone (attualmente in carcere) e dei due reggenti, Antonio Iovine e Michele Zagaria, rivolgendosi a loro con toni accesi (“Voi non siete di questa terra! Smettete di essere di questa terra!”) e invitando la popolazione a ribellarsi. A causa delle minacce e intimidazioni subite, il Ministro dell’Interno e Giuliano Amato, hanno deciso di assegnargli la scorta per motivi di sicurezza dal 13 ottobre 2006 (Saviano stava tornando da Pordenone dove si era recato per promuovere il libro Gomorra).

Il 14 marzo 2008, durante il Processo Spartacus, il legale dei boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, Michele Santonastaso (coadiuvato da Carmine D’Aniello), lesse dinanzi al presidente della prima sezione di corte d’assise d’appello Raimondo Romeres, una lettera scritta congiuntamente dai boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine (entrambi in carcere). La lettera conteneva una richiesta di spostamento del processo per legittima suspicione causata dalle influenze che Roberto Saviano, Rosaria Capacchione e i pubblici ministeri Federico Cafiero De Raho e Raffaele Cantone avrebbero avuto sui giudici. A seguito della lettera, il Ministero dell’Interno decise di rinforzare le misure di sicurezza dello scrittore, aumentando la scorta da tre a cinque uomini. I boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine e gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello sono stati accusati di minacce aggravate dalla “finalità mafiosa” contro lo scrittore Saviano e la giornalista Capacchione (per le presunte minacce contro i magistrati si procede invece a Roma). Per queste accuse, nel maggio 2014 il pm Antonello Ardituro, dinanzi alla terza sezione penale del Tribunale di Napoli, ha avanzato la richiesta di condanna: un anno e sei mesi di carcere, il massimo della pena, per il boss Francesco Bidognetti e per gli avvocati, Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello, mentre per il boss Antonio Iovine è stata richiesta l’assoluzione per insufficienza di prove.

Il 14 ottobre 2008 un ispettore di Polizia della DIA di Milano informò la direzione distrettuale antimafia di essere venuto a conoscenza, dal pentito Carmine Schiavone (cugino del boss Francesco Schiavone), di un piano, ormai in fase operativa, per uccidere lo scrittore e gli uomini della scorta entro Natale con un attentato spettacolare sull’autostrada Roma-Napoli nello stile della Strage di Capaci. Tuttavia Carmine Schiavone, interrogato dai magistrati, ha smentito di essere a conoscenza di un piano dei Casalesi per uccidere Saviano, negando di sapere dell’attentato ma confermando che Saviano è stato condannato a morte dal clan dei casalesi, provocando l’immediata risposta dello scrittore: “È ovvio che lo dica; se lo dicesse, implicitamente dovrebbe ammettere di avere ancora rapporti con la criminalità organizzata”. Il pubblico ministero titolare dell’indagine ha, infine, chiesto e ottenuto l’archiviazione dopo che la notizia si è rivelata infondata.

Nell’ottobre del 2008 Roberto Saviano ha deciso di lasciare l’Italia per un periodo in seguito alle minacce e al progetto di ucciderlo da parte del clan dei Casalesi.

GOMORRA

Il libro è un viaggio nel mondo affaristico e criminale della camorra e dei luoghi dove questa è nata e vive: la Campania, Napoli, Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Casapesenna, Mondragone, Giugliano, luoghi dove l’autore è cresciuto e dei quali fa conoscere al lettore un’inedita realtà.

Una realtà fatta di ville sfarzose di boss malavitosi create a copia di quelle di Hollywood, fatta di una popolazione che non solo è connivente con questa criminalità organizzata, ma addirittura la protegge e ne approva l’operato; l’autore racconta di un Sistema (questo il vero nome usato per riferirsi alla camorra) che adesca nuove reclute non ancora adolescenti, facendogli credere che la loro sia l’unica scelta di vita possibile, di bambini boss convinti che l’unico modo di morire come un uomo vero sia quello di morire ammazzati e di un fenomeno criminale influenzato dalla spettacolarizzazione mediatica, in cui i boss si ispirano negli abiti e nelle movenze ai divi del cinema.

Saviano, basandosi sugli atti processuali e sulle indagini di polizia, descrive una realtà fatta di terre dove finiscono quasi tutti i rifiuti sfuggiti ai controlli legali, pari ad una massa grande il doppio del Monte Everest (ogni anno, secondo una stima di Legambiente, sono quattordici milioni le tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente), di una terra infetta, quella della Campania, dove i morti di tumore sono cresciuti del 21% rispetto al resto dell’Italia. Ci parla di montagne gravide di rifiuti tossici, campagne pregne di sostanze mortali che individui senza alcuna morale hanno sparso vendendo fertilizzanti misti a rifiuti tossici. Tutto questo con il benestare di funzionari pubblici compiacenti e delle aziende stesse che, facendo finta o non volendo sapere dove i propri rifiuti andassero a finire, hanno affidato alla camorra quella che ormai è diventata merce di un traffico di centinaia di miliardi di euro ogni anno, valore inferiore solo a quello del traffico della cocaina.