La strage di Capaci e la strage di via D’Amelio: Falcone e Borsellino

Sono passati venticinque anni dalla strage di Capaci e tra poco sarà anche l’anniversario della strage di via D’Amelio.

STRAGE DI CAPACI

Giovanni Falcone, nato il 18 maggio 1939, era di famiglia borghese e conservatrice, residente nel centro di Palermo nel quartiere della Kalsa: il padre, Arturo, era un funzionario di provincia mentre la madre, Luisa Bentivegna, era una fervente religiosa e per questo lo fece partecipare alla vita della Chiesa (da piccolo Giovanni serve la messa). Ha anche due sorelle maggiori: Anna e Maria. Una volta divenuto grande nutrirà una rispettosa nostalgia per la fede.
Divenuto adolescente inizia ad appassionarsi al canottaggio ed a interrogarsi sul proprio futuro: diventerà medico o magistrato? Proprio in questo periodo si infiamma per uno scritto di Giuseppe Mazzini che recita: <<La vita è missione ed il dovere è la sua legge suprema>>. Dopo aver finito il liceo classico “Umberto I”, e dopo aver accantonato l’idea di entrare in medicina, Falcone pensa di intraprendere la carriera di ufficiale di Marina; così decide di far domanda contemporaneamente all’Accademia navale e alla facoltà di giurisprudenza all’Università di Palermo. Alla fine opterà per la seconda. Li si laureò nel 1961, con una tesi sulla “Istruzione probatoria in diritto amministrativo”.

L’uccisione di Falcone venne decisa nel corso di alcune riunioni delle “Commissioni” regionale e provinciale di Cosa Nostra, avvenute tra il settembre-dicembre 1991, e presiedute dal boss Salvatore Riina, nelle quali vennero individuati anche altri obiettivi da colpire.In seguito alla sentenza della Cassazione che confermava gli ergastoli del Maxiprocesso (30 gennaio 1992) la “Commissione provinciale” di Cosa Nostra decise di dare inizio agli attentati: per queste ragioni, nel febbraio 1992 venne inviato a Roma un gruppo di fuoco, che avrebbero dovuto uccidere Falcone.

Nella metà di maggio si occuparono di controllare i movimenti delle tre Fiat Croma blindate che sostavano sotto casa di Falcone a Palermo per capire quando il giudice sarebbe tornato da Roma.

Il 23 maggio coloro che controllavano i movimenti avvertirono che le Fiat Croma erano partite per andare a prendere Falcone videro poi uscire il corteo delle blindate dall’aeroporto ed avvertirono a loro volta che il giudice Falcone era arrivato.

La prima blindata del corteo, la Croma marrone, venne investita in pieno dall’esplosione e sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi a più di cento metri di distanza, uccidendo sul colpo gli agenti, la seconda auto, la Croma bianca guidata da Falcone, si schiantò contro il muro di cemento e i detriti improvvisamente innalzatisi per via dello scoppio, proiettando violentemente Falcone e la moglie, che non indossavano le cinture di sicurezza, contro il parabrezza. Rimasero gravemente feriti invece altri quattro componenti del gruppo al seguito del magistrato.

La strage di Capaci, festeggiata dai mafiosi nel carcere dell’Ucciardone, provocò una reazione di sdegno nell’opinione pubblica. Secondo le testimonianze dei collaboratori di giustizia, l’attentato di Capaci fu eseguito per danneggiare il senatore Giulio Andreotti: infatti la strage avvenne nei giorni in cui il Parlamento era riunito in seduta comune per l’elezione del presidente della Repubblica ed Andreotti era considerato uno dei candidati più accreditati per la carica ma l’attentato orientò la scelta dei parlamentari verso Oscar Luigi Scalfaro, che venne eletto il 25 maggio, ovvero due giorni dopo la strage.

STRAGE VIA D’AMELIO 

Paolo Borsellino nacque nel 1940 a Palermo ed è stato anche lui un magistrato vittima della mafia. Frequentò il liceo classico e si iscrisse al fronte universitario d’Azione Nazionale e si laureo nel 1962. Fino alla laurea in farmacia della sorella lui mantenne la farmacia del padre.  Nel 1963 Borsellino partecipò al concorso per entrare in magistratura; divenne il più giovane magistrato d’Italia. Il suo primo incarico fu al tribunale di Enna nella sezione civile. Nel 1967 fu nominato pretore e da allora iniziò a conoscere la mafia. Il 23 dicembre 1968 sposò Agnese Piraino Leto. Nel 75 venne trasferito a Palermo dove entrò nell’ufficio istruzioni affari penali sotto la guida di Chinnici. Nel febbraio 1980 Borsellino fece arrestare i primi sei mafiosi tra cui Giulio Di Carlo e Andrea Di Carlo. Il 4 maggio 1980 Emanuele Basile fu assassinato e fu decisa l’assegnazione di una scorta alla famiglia Borsellino.

Il 19 luglio 1992, alle ore 16.58, una Fiat 126 rubata contenente circa 90 chilogrammi di esplosivo telecomandati a distanza, esplose in via Mariano D’Amelio 21, sotto il palazzo dove viveva la madre di Borsellino, presso la quale il giudice quella domenica si era recato in visita; l’agente sopravvissuto Antonino Vullo descrisse così l’esplosione: «Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto…».

Lo scenario descritto da personale della locale Squadra Mobile giunto sul posto parlò di «decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodono da soli, gente che urla chiedendo aiuto, nonché alcuni corpi orrendamente dilaniati». L’esplosione causò inoltre, collateralmente, danni gravissimi agli edifici ed esercizi commerciali della via, danni che ricaddero sugli abitanti. Sul luogo della strage, pochi minuti dopo il fatto, giunse immediatamente il deputato ed ex-giudice Giuseppe Ayala che abitava nelle vicinanze.

Gli agenti di scorta ebbero a dichiarare che la via D’Amelio era considerata una strada pericolosa in quanto molto stretta, tanto che, come rivelato in una intervista rilasciata alla RAI da Antonino Caponnetto, era stato chiesto alle autorità di Palermo di vietare il parcheggio di veicoli davanti alla casa, richiesta rimasta però senza seguito.